Digitalic, la nota rivista che parla di tecnologia e dei protagonisti dell’ITC, ha dedicato l’ultima uscita al cloud partendo, come sempre, da una copertina accattivante che racchiude l’essenza del numero.
Su uno specchio argenteo, che rappresenta “le brame” di ogni CEO, una nuvola stilizzata che per metà è anche cervello, semplifica e sintetizza le infinite possibilità che può aprire il cloud computing.

Sul numero una recente ricerca di Vanson Bourne, commissionata da VMware, svela che in Italia le aziende spesso non si affidano, nell’acquisto delle soluzioni, ai cloud provider ma che scelgono cloud illecito e non autorizzato.

Il rapporto svela che due terzi (cioè il 66%) dei dipendenti italiani userebbero o acquisterebbero servizi e prodotti cloud senza un’autorizzazione ufficiale da parte dell’IT e che metà di loro (il 49%) lo ha già fatto.
“Questo avviene perché utilizzando alcuni strumenti in ambito personal, molti dipendenti hanno cominciato a usarli sul lavoro, permettono di soddisfare un’esigenza senza le lungaggini imposte dal passaggio attraverso il dipartimento IT.”

L’Italia ha la percentuale più alta d’Europa, dove invece il 45% userebbe servizi cloud clandestini e il 36% li usa già.

I dipendenti dichiarano che spesso aggirano volontariamente il reparto IT per acquistare soluzioni in cloud non autorizzati e i responsabili IT hanno stimato che solo nel 2012 in 20% del budget IT è stato speso in prodotti cloud illeciti.

Non acquistare strumenti tecnologici dai cloud provider può portare problemi di sicurezza all’interno delle organizzazioni.

La sicurezza nelle infrastrutture è la prima cosa e questa può essere garantita solo dalla serietà e dall’affidabilità dei cloud provider, come FlexCloud.